CORTE COSTIUZIONALE: la Sentenza n. 37 del 17 marzo 2015 ed i risvolti sulla legittimità degli atti firmati da incaricati di mansioni dirigenziali

La Corte Costituzionale dichiarando incostituzionale l’art.8, comma 24, DL n.16/2012 conv. In L. 44/2012, ha segnato un punto d’arresto decisivo alla prassi, in auge nelle Agenzie Fiscali, di attribuire incarichi dirigenziali a tempo determinato non a dirigenti da concorso ma a funzionari, sancendone così l’invalidità.

L’intervento della consulta ha creato un grande fermento in merito alla presunta invalidità anche degli atti di accertamento (latu sensu) già emessi e notificati, financo quelli definiti, firmati dai c.d. “funzionari incaricati”.

Ebbene, di tanto fumoso fermento giuridico-mediatico con apocalittici scenari di annullamenti di massa, a guardare bene la Legge e la Giurisprudenza delle Corti più accreditate, resta ben poca sostanza giuridica.

E’ limpido e inequivocabile già il dettato della stessa Sentenza n. 37, in parola: “considerando le regole organizzative interne dell’Agenzia delle entrate e la possibilità di ricorrere all’istituto della delega, anche a funzionari, per l’adozione di atti a competenza dirigenziale – come affermato dalla giurisprudenza tributaria di legittimità sulla provenienza dell’atto dall’ufficio e sulla sua idoneità ad esprimerne all’esterno la volontà (ex plurimis, Corte di cassazione, sezione tributaria civile, sentenze 9 gennaio 2014, n. 220; 10 luglio 2013, n. 17044; 10 agosto 2010, n. 18515; sezione sesta civile − T, 11 ottobre 2012, n. 17400) – la funzionalità delle Agenzie non è condizionata dalla validità degli incarichi dirigenziali previsti dalla disposizione censurata…”.

Andando ad analizzare, poi, le Sentenze della Corte di Cassazione richiamate dalla stessa Consulta, in particolare la n. 220/2014, si scopre che in quella sede si era espresso il medesimo corollario di diritto. Ovvero, la Cassazione spiega che l’invocato vizio di legittimità di un provvedimento dell’Agenzia delle Entrate, in quanto sottoscritto da funzionario carente di qualifica dirigenziale, non comporta la nullità dell’atto poiché ciò che conta è la provenienza dell’atto dall’Ufficio e l’idoneità ad esprimere la volontà di quest’ultimo salvo che non venga provata la non appartenenza del sottoscrittore all’ufficio, ovvero l’usurpazione dei relativi poteri.

Nelle ulteriori Sentenze nn. 18515/2010 e 17044/2013, sempre richiamate nella parte motivazionale della Statuizione della Consulta, si sostiene che addirittura il Direttore provinciale, indipendentemente dalla qualifica di dirigente, può in quanto tale manifestare all’esterno la volontà dell’ufficio.

Dunque, è scarsamente sostenibile non solo la nullità o inesistenza degli atti firmati da un capo ufficio incaricato da un direttore realmente dirigente, ma anche quelli in cui è lo stesso direttore delegante o firmatario ad essere un incaricato non dirigente per concorso.

Peraltro, è di conforto in questo senso anche il Consiglio di Stato che nella Sentenza del 4 dicembre 2012 n. 6190 così statuiva: “l’atto amministrativo non è invalido solo perché privo di sottoscrizione, in quanto la riferibilità dell’atto all’organo amministrativo titolare del potere nel cui esercizio esso è adottato può essere desunta anche dal contesto dell’atto stesso”.

In conclusione, le Sentenze richiamate e commentate sono rappresentative di un indirizzo assai rilevante, oltre che coerente con il dettato normativo in ambito tributaria ed amministrativo, che francamente non lascia spazio a grandi possibilità al contribuente che volesse impugnare l’atto invocando siffatto vizio di legittimità.

Avv. Eleonora Errico

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